Editoriale 03/2017

Editoriale 03/2017

Nato sotto una buona stella.

Chi non ha conosciuto uno sfigato?
Uno di quelli sempre un po’ in disparte, schivo e distante dai discorsi degli altri. Già dai tempi della scuola c’era sempre quello poco partecipativo e apparentemente concentrato solo sui suoi pensieri.
Bill ai tempi era così, un po’ incerto anche nel passo. L’occhiale al fondo del naso, il capello spettinato da una settimana e la camicia fuori dalle braghe.
Quando la fotografia era in bianconero e nessuno degli dei dell’olimpo ci pensava a fare foto diverse, lui ragionava a colori, e non soddisfatto li esaltava saturandoli fino a che non facessero rabbrividire.
Vedeva cose che gli altri appena guardavano e si concentrava sull’equilibrio precario delle sue composizioni.
La pertinacia però è un attributo vincente pure sulla sfiga, e infatti vinse quando Szarkowski, il curatore del MoMa, capí l’intensità di quelle immagini e come un don chichotte della fotografia decise, controvento, di mostrarle al mondo. Non poté fermare quel vento nemmeno una fatwa di Ansel Adams sottoscritta dalla nomenklatura di allora.
Lui, William Egglestone (Bill per i followers), ancora oggi probabilmente fa spallucce anche se l’establishment ha smesso di girargli le spalle. Da quei bei tempi andati ne è passata di acqua e lui ha continuato a vedere senza ravvedersi, cioè vedere quello che gli altri ritenevano superfluo ma per lui era un fine sentimento di raffinata arte.
Avercene. High-five Bill!

Enzo Pertusio