Editoriale a cura di Enzo Pertusio – Social e dolori

Social e dolori

La funzione di Instagram è quella di pubblicare e condividere immagini. Il tempo di contemplazione delle fotografie è ridotto a centesimi di secondo, se in quelle poche frazioni non hai inserito elementi di bellezza, riconoscibilità, curiosità, allora il tuo post non avrà molto successo. Inoltre è pressoché inutile scrivere nello spazio dedicato al testo. Qualsiasi cosa, importante che sia, verrà letta da un manipolo di arditi irriducibili ma tutti gli altri non lo prenderanno nemmeno in considerazione.
Meglio va nel caso contrario, in cui una buona immagine incuriosisce a tal punto da meritare qualche attimo in più per la lettura.
Diverso è Facebook in cui i testi hanno un lustro migliore ma è necessario districarsi tra mucchi di ciarpame, post suggeriti, pubblicità e altre amenità, quindi l’interesse per la fotografia viene diluito in acque torbide.
Questa è l’analisi generalista, poi ci sono le eccezioni.
Quella realista, invece, è quella che tutti coloro che hanno interessi con la fotografia, non solo economici, sono indotti ad avere un profilo per poter rimanere agganciati al treno mondo che corre da tempo oltre ai limiti di velocità.
In molti casi il web non offre altro che un eventuale approfondimento ma non è più una vetrina plausibile.
Per fortuna continuiamo a frequentare gallerie e musei per la mostra di quello o di quell’altro, scoprendolo sui social ovviamente, sui quali poi andremo a postare le foto scattate all’interno delle mostre per poter dire a tutti: c’ero anch’io.
Per ultimi ci siamo noi dei circoli o delle associazioni che, in termini divulgativi e di confronto, continuiamo a fare la vera differenza per tutti coloro che hanno voglia di parlare e ascoltare. Forse il destino dei foto club non è segnato se lavoreremo bene e porremo al centro di tutto la Fotografia e in subordine le individualità e gli individualismi.
Voi cosa ne pensate?

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