Editoriale Maggio 2019: Nella grotta di chi?
Editoriale di Maggio
Nella grotta di chi?
Di Platone. Nella grotta di Platone. Quello era l’incipit della Sontag nel suo famoso saggio sulla Fotografia.
Il neofita che c’era in me, quando lesse la prima volta quelle parole, sentì il fiato corto. Il ragionamento era articolato, la fotografia diventava parte di un equilibrio sospeso tra filosofia ed etica, incentrato sull’uomo e sui significati che l’uomo attribuisce alla verità apparente.
Ci volle tempo per dissolvere le nebbie e apprezzare appieno le sfumature e le tematiche affrontate in quel saggio.
Molti sono stati gli intellettuali a scrivere sulla fotografia, da Barthes a Robert Adams passando quasi sempre per Walter Benjamin. Tutti hanno aggiunto un tassello importante nella conoscenza delle profondità della Fotografia, che si trattasse di etica, di significati, di narrativa.
Ma la caverna di Platone è una allegoria importante, parla dell’uomo, delle ombre di quella caverna che vengono percepite come una verità oggettiva quando reali non sono ma solo proiezioni del reale, esattamente come la fotografia, che non è uno strumento di verità. La Sontag parla del messaggio fotografico come una nuova grammatica che l’uomo utilizza per svelare se stesso al mondo. Quel libro spiega verità importanti riprese da molti altri, ma la fotografia non è solo questo. La fotografia, al di là dei molteplici significati, è anche una cosa semplice, molto più semplice di come spesso ci troviamo a descriverla. Perché se è vero che la fotografia riflette l’anima di chi la fa e contiene altri significati profondi e altresì vero che per molti è una consuetudine molto più leggera. I significati, e le relazioni tra gli stessi, riguardano il mondo di chi vuole indagare oltre la sola apparenza, ma non è il mondo di tutti, c’è chi scatta una fotografia
senza essere interessato ad altro che al piacere di scattare.
La fotografia deve essere libertà, la libertà di farci quello che ci pare con essa.
Enzo Pertusio