Editoriale di Luglio 2018: Quella volta che incontrai Ansel Adams

Editoriale di Luglio

Quella volta che incontrai Ansel Adams.

Arrivai la prima volta a San Francisco poco più che ventenne.
Scelsi quello come primo approdo negli States per poter visitare la City Lights, la libreria dove si sviluppò la beat generation e perché sapevo di una galleria dedicata ad Adams.
La prima cosa che ti dicevano arrivando a SF è: non andare a sud di Market St.
Molto è cambiato da allora. Ai tempi quella era una zona franca dove succedeva un po’ di tutto, di fatto era un posto scrauso con qualche pericolo, ma era proprio lì la Galleria che ospitava le opere di Adams.
Faccio una premessa fondamentale: non esisteva ancora internet, e i telefoni cellulari erano nei film di fantascienza, quindi anche l’informazione era appannaggio di carta stampata, oppure enciclopedie, musei e biblioteche.
Infatti le mie uniche informazioni su Adams si rifacevano ad un libro acquistato un paio d’anni prima con la summa delle opere più belle dell’Artista californiano.
Arrivai alla Galleria entrandoci come fosse la Sancta Santorum.
Era una piccola costruzione algida e scarna. Vetro e acciaio.
I muri bianchi erano impreziositi dalle più belle stampe fotografiche mai viste in vita mia.
Essendo un pomeriggio tardi prossimo alla chiusura non c’era nessuno, solo un custode e buffo vecchietto con bastone seduto su una sedia.
Il personaggio era strano forte, due occhietti vispi e sorridenti, lunga e folta barba bianca, bretelle e camicia scozzese di flanella. Capii in quel momento che i conti non tornavano. Nel libro che custodivo nella mia libreria c’erano molte fotografie di Adams, ritratti di lui nei boschi californiani da giovane o con i suoi allievi negli anni della maturità, e quella faccia non lasciava spazio a dubbi: quell’uomo minuto di fronte a me era Ansel Adams!
Iniziai il mio tour in Galleria per ammirare una ad una tutte le immagini, in quel corridoio infinito, poi tornai all’ingresso dove il vecchietto, però, era sparito.
Il proseguo di quel viaggio prevedeva proprio una visita nei luoghi cari ad Adams, la Sierra e Yosemite che vidi e fotografai con un entusiasmo unico, contagiato dall’ispirazione del grande mito.
Il viaggio finì e tornai a casa in tempo per riprendere subito in mano quel prezioso tomo e scoprire che Adams era morto appena qualche anno prima, e che quell’omino buffo che incontrai era solo un’ironica somiglianza. Magari un sosia come quelli che si ritrovano ogni anno ai raduni per omaggiare star del mondo dello spettacolo defunte.
La delusione fu impareggiabile e lo è ancora,e per farmene una ragione continuo a raccontare d’aver conosciuto Adams sapendo che nessuno mi crederà mai.
Una goliardia sempliciotta ma in fondo anche io ho respirato la stessa aria sui sentieri impervi della Sierra accompagnato dall’ombra del Maestro.

Enzo Pertusio

3 thoughts on “Editoriale di Luglio 2018: Quella volta che incontrai Ansel Adams

  • 1 Luglio 2018 in 14:07
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    Forse l’omino era una materializzazione della tua immaginazione.
    Forse era un sosia, come dici tu.
    O forse Ansel Adams ha pensato di farsi trovare appositamente lì per te, per accompagnati nella Sierra e poi per permetterti di raccontare a noi questa bella storia, oggi.

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  • 16 Settembre 2018 in 15:08
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    Bellissima :-))
    Uno scrittore prestato alla fotografia !!!
    Ciao Boss

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