Editoriale 02/2017
Editoriale 02/2017
Il mito del secondo arrivato.
Viviamo di miti. Attorno ad essi ci costruiamo leggende e racconti che si trasformano in sicurezze alle quali affidarsi negli inverni più freddi. I miti però non sempre sono fulgidi esempi di meritocrazia, alcuni lo diventano perché vengono ricordati solo per gli eccessi che li hanno contraddistinti in vita obnubilando le reali capacità che magari sono altra cosa. Altri diventano miti come consecutio della morte prematura, e le meraviglie che hanno prodotto nella loro breve vita creano il rimpianto di ciò che sarebbero potuti diventare. Poi succede che nei tempi meno ricchi di personalità degne di nota si tenda a trovare i miti che resistono ai tempi e ai cambiamenti. A parer mio si dovrebbero riconsiderare parimenti tutti quei miti silenti, tutti quegli altrettanto grandi ma che hanno fatto meno fumo per terra. Già, perché non si apprezzano i miti della normalità? In fotografia abbiamo imparato a conoscere i nomi che riempiono le mostre più sponsorizzate, i Capa e i Bresson (che oggi si chiamano McCurry o Salgado) e abbiamo creato il vuoto dietro, quasi a voler sancire una distanza di rispetto a discapito di quei tanti, davvero tanti, grandi artisti che non meritano solo le note di coda. Recentemente abbiamo mostrato nelle nostre serate la storia di Cornell Capa al quale abbiamo cercato, nel nostro piccolo, di restituire un posto nella storia da leader, almeno alla pari del più noto fratello. Non sarebbe addirittura più giusto togliere un po’ d’aura ai primi della classe, mica tutta, per lasciare spazio ai secondi arrivati? I riflettori farebbero lo stesso una bella luce sui fuoriclasse ma mostrerebbero anche tutti i gregari. Un noto film degli anni ottanta diceva: “la classifica dei secondi arrivati è nel bagno delle femmine”, io credo che sarebbe ora di metterla nella bacheca dei vincitori!
Enzo Pertusio