Editoriale 05/2017
Editoriale 05/2017
La scuola dei talenti.
Tanti anni fa, non ricordo nemmeno quanti, venne ospite in Subalpina un giovanotto dalle belle speranze. Io ai tempi ero l’ultimo arrivato e me ne stavo in fondo alla sala lasciando il posto delle prime file ai senatori di allora.
Il ragazzo era bravo ed aveva conquistato l’attenzione dell’audience con le sue immagini e i suoi racconti conditi da una purezza tipica di chi è smaliziato e poco si occupa di sofismi.
La serata era bell’e andata, liscia come il velluto, mancavano pochi minuti alla fine quando l’inesperto oratore disse qualcosa che risuonò come una blasfemia nel tempio, disse: faccio fotografie solamente da un paio d’anni.
Tutta quell’impalcatura costruita con buone fotografie e racconti che durante la serata avevano solidificato man mano la sua immagine si squagliò come una meringa a ferragosto.
Quel peccato commesso, quello di svelare la sua verginità e la sua mancanza di esperienza fece tremare le gambe delle sedie di qualcuno. Personalmente mi fece tenerezza la sua ingenuità nel dichiarare qualcosa che non gli era stato neppure chiesto, ma ancor di più mi lasciò perplesso l’incapacità di qualcuno tra i presenti di valutare un talento, perché di talento si trattava, qualcuno che non diede più nessun valore alla sua oggettiva bravura ma alla sua inesperienza.
Oggi molte cose sono cambiate da allora e molte ne cambieranno nel mondo della Fotografia, quello che non cambierà mai è che ci sono fotografi che nascono bravi con la possibilità di migliorare, e altri che hanno tanta buona volontà e passione ma purtroppo sono scarsi di talento e non basteranno tutti i workshop del mondo per inoculare in loro quella magia.
Si possono imparare tante cose e migliorarsi, questo è vero ma, ricordando la saggezza di Harold Bloom: “pensare di insegnare a fotografare è come pensare che si possa insegnare la solitudine”.
Enzo Pertusio