Editoriale 01/2017

Editoriale 01/2017

Il valore dell’esperienza.

L’appena finito 2016 è stato un anno funesto. Abbiamo tristemente salutato la dipartita di un cospicuo numero di grandi autori del ‘900; il novero dei fotografi che hanno scritto la storia si è di molto sfoltito.
Dal maestro cinese Fan Ho a Marc Riboud, piuttosto che Malick Sibidè o Rodney Smith. Tutti non più giovanissimi ma ancora immensi da un punto di vista espressivo. Come dimenticare Fulvio Roiter ad esempio, o Nicolas Tikhomiroff, ma ancor più vicino a noi Filiberto Gorgerino.
Quella generazione nata tra le due guerre che portava nell’anima i toni chiaroscuri della sofferenza ma anche della speranza. Artisti marchiati in profondità dal bisogno di affrancarsi dalla retorica culturale del secolo precedente, per trovare una nuova strada e raccontare ed esprimersi attraverso la fotografia, dimostrando un gran bisogno di rinnovamento. Se l’800 è stato il secolo della grande scoperta, i primi del ‘900 sono stati gli anni del cambiamento, della rivoluzione artistica. Penso a Duchamp e Man Ray o Malevic, e alle grandi esplorazioni culturali.
Ogni generazione ha avuto i suoi venerabili, persone che hanno cambiato direzione o inventato nuove tecniche, ma è pure vero che proprio la prima parte del novecento ha espresso la più grande concentrazione di talenti demiurgici che hanno trasformato la fotografia così nel profondo da condizionare ancora oggi generazioni di giovani autori.
Se è ancora attuale cavalcare l’onda del cambiamento mollando gli ormeggi per trovare nuove rotte, è altrettanto importante ricordare il punto di partenza da dove è nata la spinta che ha generato nuove, ormai vecchie, energie. I Riboud o i Roiter sono quei porti sicuri in acque tranquille dove abbiamo imparato a navigare e conoscere le correnti, senza quella confidenza e quell’esperienza rimarremmo dei mozzi e mai dei navigatori.

Enzo Pertusio