Editoriale a cura di Enzo Pertusio – Alla fiera dell’ovest

Editoriale a cura di Enzo Pertusio
giugno 2024

Alla fiera dell’ovest.

<<Cosa pensi del cyber realismo>> mi ha chiesto il gallerista mentre contemplavo un’opera di Giacomo Costa.

Torino ombelico del mondo. Almeno due volte l’anno succede che il meglio delle proposte mostra/mercato del mondo fotografico, indissolubilmente legato alle Gallerie (e come potrebbe essere altrimenti), si riunisca sotto un unico tetto. Quest’ultima volta è successo a The Phair e al Torino Foto Festival nel maggio 2024. Il lessico di tendenza che ho ascoltato durante la visita a The Phair è ancora lo stesso degli ultimi anni: <<il messaggio che l’autore vuole mandare – l’artista ha voluto dire – si tratta di interpolazioni e polarizzazioni – l’opera è fornibile in light box – la tiratura è di… – quest’opera la vedrai esposta anche a…. – non c’è post produzione – è realizzata tutta in post produzione -non è intelligenza artificiale – è intelligenza artificiale ma pensata nei minimi dettagli dall’artista – possiamo avere una trattativa privata qualora fossi interessato – si tratta di tecnica mista – l’artista ha digitalizzato le lastre – l’opera è garantita dalla tecnologia NFT>>, e potrei andare avanti per un’altra paginetta.

Quindi cosa penso del cyber realismo? Ogni bene, ho risposto. Cos’altro avrei dovuto dire? Dopo due ore di chiacchiere e osservazioni varie tra opere e mercanti ero assalito da un misto tra eccitazione, insofferenza, e retrotopia. Siamo seri, non voglio fare la figura del boomer e nemmeno voglio esserlo, almeno negli intenti se non anagraficamente. Non c’è più nulla che possa shockarmi, cyber realismo compreso, (in fondo ci vantiamo di essere i pronipoti di Rrose Selavy) e quindi accetto la coesistenza di ogni novità nel mondo che amo, quello della fotografia, comprese le cose che non mi piacciono o non capisco. Non importa se fianco a fianco ad una polaroid di Ghirri dell’80 che vien via a 8500 euro…più i rotti se vuoi anche la cornice, c’è un catafalco di tre metri tutto giallo di cui l’autore, diceva chi mi stava parlando, ha modificato personalmente pixel dopo pixel come un vero certosino.

È COSÌ CHE VA, e credetemi che quel catafalco, nonostante i pixel OGM, in fondo era davvero una bellissima opera fotografica. La tecnologia è una possibilità infinita che ci apre all’universo, dovremmo conviverci e abituarci un po’ più in fretta, visto quanto corre il mondo. Photoshop appartiene all’era dei dinosauri, non possiamo eleggerlo ad unico Vangelo del mondo post analogico comportandoci da sepolcri imbiancati. Abbiamo avuto la camera oscura, la camera chiara e oggi abbiamo il prompt, la realtà aumentata AR, il 6DOF, l’Unreal Engine, la Computer Generated Imagery. Abbiamo aggiunto il pecorino sulle cozze, potremmo mai obiettare ai Not Fungible Token nelle nostre fotografie?

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