Editoriale Luglio 2021: Le fotografie ghirriane

Editoriale Luglio 2021

Le fotografie ghirriane
Mi è stato suggerito di produrre questi ultimi editoriali, quelli che rimangono da qui a fine mandato, con un allure più leggero e positivo.
In effetti alcuni tra gli ultimi che ho scritto sono ammonimenti da vecchio brontolone, ma soprattutto rimbrotti contro l’approssimazione.
Eh si, quando mi si chiude la vena…ciao.
Vivrò con questa damnatio memoriae, ma in questi anni ho scritto anche di meraviglie accadute nel mondo fotografico e nemmeno solo in quello.
Ho raccontato dell’atipicità di Egglestone, dello stupore visionario di Duchamp, del valore dell’esperienza di Robert Adams, ho scritto pure dell’altro, Adams.
Della pazzia (buona) di Giacomelli, di Platone e della Sontag, di Cornell Capa perché di suo fratello hanno già parlato tutti, di Gordon Parks ed Eli Reed.
Mi sono sperticato in elucubrazioni traslucide con Gustave Courbet, ho avuto un flebile tremor di passione per la Cindy Sherman e sono stato apologetico con il brutalismo.
Insomma, di cose che rimarcassero il bello in fotografia e nei mondi confinanti ne ho pensate e dette.
Ma infatti la bellezza è ovunque, basta saperla vedere e appropriarsene, e per farlo è necessario avere gli strumenti e non farsi confondere da quelli che parlano prima degli altri, non perché ne sappiano cosa dire ma solo per maleducazione, o per l’ignoranza mescolata con l’ego.
Sono quelli che usano il termine “metafisico” commentando un paesaggio urbano, ma se gli chiedi quale sia il significato ti grufolano qualcosa su de Chirico pensando d’essersela cavata.
Si loro, che se vedono fotografie scolorite o dai colori pastello le definiscono ghirriane e li senti salmodiare sul maestro che magari chiamano pure per nome, Luigi.
Come se Ghirri fosse un parente, come se “Luigi” fosse quello identificabile per le cromìe e non per i significati legati al territorio o ad altre esperienze ben più profonde di un avorio tiepido, un cachi o un écru.
I colori sono importanti, non eccepisco, anche quando si tratta dei deliri cromatici di quell’altro nato a 28 km da Scandiano, ma non sono tutto.
La bellezza è anche esperienza, è coltivare un sogno, è mediare l’istinto con la conoscenza.
E niente, alla fine m’è scesa la catena e sono andato giù per le trippe pure stavolta ma la prossima, giuro, parlerò bene di tutti.

Enzo Pertusio

1 thoughts on “Editoriale Luglio 2021: Le fotografie ghirriane

  • 22 Luglio 2021 in 9:23
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    🙂 tutto questo perché a molti vien difficile concepire che qualcuno possa avere un’idea, o una filosofia, prima di scattare, e che sta in piedi anche senza fotografare. Vien difficile pensarlo perché non ne sono in grado, ma presumono di essere capaci. Se ci si ferma alla cromia, si é figli dell’estetica di bassa lega, quella che riconosce le immagini come una serialità di elementi messi in fila e basta, é una conoscenza basata sui sentito dire, sugli aneddoti curiosi della Settimana Enigmistica e sulle nozioni, frequentemente errate, di Wikipedia.
    Avere la profondità di cogliere l’essenza delle cose è un peso, una croce, capire gli autori spesso vuol dire riflettere anche su se stessi, il pensiero degli artisti è uno specchio nel quale veniamo messi a nudo e comprendiamo il genio e forse, la mancanza di quest’ultimo in quello che facciamo noi. I più questo non vogliono farlo : vogliono specchiarsi e vedersi belli, sono quelli che quando ti vedono dicono “uei ciao, come sto?”. Ma al di la di questo, la superficialità non deve essere nemmeno una condanna senza remore, a mio avviso. Spesso è proprio grazie alla superficialità dei più che la qualità viene preservata esclusivamente per chi ha gli strumenti per riconoscerla. La recente “svendita” di Ghirri in questione lo sta, si, aprendo al grande pubblico, ma lo sta mediocrizzando. Non nei lavori, quello sarebbe impossibile, ma nel concetto e nella vicinanza idealistica all’attuale. Le riedizioni dei libri rendono fruibile qualcosa di raro, ma che al contempo aveva nella sua rarità una motivazione.
    L’equilibrio tra ricercatezza e superficialità nello sguardo é molto fragile. Spesso pende da una parte o dall altra, ma la sua mutevolezza è strettamente legata all’individualità.
    Forse, per quanto appaia ingiusto, se si é arrivati a riconoscere Ghirri per le tinte e basta, sarebbe stato meglio che chi ne detiene la padronanza sulle opere avesse continuato a preservarne l’esclusività, questo per lo stesso motivo per cui possiamo ammirare un Uovo di Fabergè dietro a una vetrina di cristallo, e non ne abbiamo gli scaffali pieni nei supermercati.

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